Fino a qualche anno fa mi divertivo a fare le statistiche di ogni estate. Mi sembrava tutto così scontato, che il fatto di andare al mare tutti i giorni e non fare niente per qualche mese non mi pareva così una gran cosa. L'estate così si poteva definire ben riuscita quando avevo conosciuto gente, quando mi ero abbronzata ben bene, quando avevo tinto i capelli di un bel colore, quando ero stata brava al saggio estivo di musica e quando i miei amici citofonavano a casa tante volte per uscire, e io scendevo ogni sera coi capelli bagnati e elaborate architetture di eyeliner sulle palpebre. L'estate si poteva definire mal riuscita quando c'erano stati troppi litigi, quando avevo passato molto tempo a sudare davanti al pc e troppo poco in spiaggia, quando al saggio di musica avevo preso troppe stecche e quando l'ennesimo ragazzino belloccio si era fidanzato con qualcun'altra lasciandomi sotto l'ombrellone da sola a leggere il Giovane Holden.
Bene.
Adesso mi rendo conto di quanto quelle statistiche e quei bilanci fossero assolutamente irrilevanti, perché ogni estate, nel bene o nel male, aveva sempre qualcosa da offrire. Che fosse la spiaggetta vicino casa o un viaggio studio lontano; che fosse uno spettacolo musicale in piazza o una birra tiepida al parco, di pomeriggio; che fosse una camminata con un ragazzo carino, che comunque non mi avrebbe mai guardata in quel senso.. I giorni erano così pieni, ma allo stesso tempo erano carta bianca che fremeva dalla voglia di essere scritta, e io scrivevo sempre: musica, parole, risate, anche un po' di sana adolescenziale tristezza.
Adesso i miei giorni sono carta scritta infinite volte con cose diverse; stropicciati, ingialliti e macchiati di inchiostri di colori diversi.
Faccio le stesse cose sbagliate, ogni giorno: dormo male, dormo troppo, dormo poco. Lavoro, torno a casa, mi propongo di studiare, ci provo, mi innervosisco, impazzisco. Le persone mi sembrano tutte sbagliate o troppo poco giuste, solo un pericolo da allontanare, salvo pochissime eccezioni. Ho pensato e ripensato e ripensato, ho fatto sogni di posti lontani e strani. E quello che ho capito è che me ne devo andare da qui. Al più presto.
mercoledì 23 luglio 2014
mercoledì 17 luglio 2013
In una notte d'estate (2003-2013)
Riflettevo, stasera.
Mettevo in ordine i cd e ad un certo punto ne esce fuori uno senza nome. Immacolato.
Riproduco la playlist e parte subito un arpeggino malizioso e una voce familiare che canta "Baciami, baciami ancora, e concentrati ti prego non vorrei che fosse l'ultima volta".
Riflettiamo un attimo. Sono passati davvero DIECI anni dall'uscita di quella canzone nonché dalla prima estate più-o-meno ufficialmente adolescenziale della mia intera esistenza? GIA' dieci anni? Sembra passato un giorno da quando mi intrattenevo sulle sdraio del mio lido alle ore undici di sera -tardissimo!- con i miei amici di allora. Parlando.. Di cosa? Di cosa si parlava a tredici anni? Non me lo ricordo più. Forse si parlava di canzoni. Ecco, ora inizio a ricordare. Io ero l'unica che non sopportava Ramazzotti. Forse si parlava di capelli. Io avevo due antiestetiche méches giallo limone tra i capelli scurissimi, una tragedia. Forse si parlava di ragazzi. Io avevo una cotta tremenda per uno che manco mi guardava. Forse si parlava di scuola. Io ero la secchiona del gruppo. Faticavo a stare appresso ai gusti degli altri, però ci stavo lo stesso, perché avevo tanti amici e non potevo tirarmi indietro, non potevo rovinare tutto. Andavo dovunque andassero e mi incantavo ascoltando "In una notte d'estate" al lettore portatile (vi ricordate? Dovevamo trascinarci tutto il lettore ed i cd! Ah!). Ma ero troppo piccola per capirla fino in fondo. Che voleva dire "accendere il fuego"? E che cos'era il "seme" di cui si parlava? Domande troppo grandi per una che nel 2003 aveva tredici anni, sfoggiava incerta la sua prima minigonna di jeans con le perline rosse e aveva giocato per l'ultima volta con le Barbie giusto qualche tempo prima, ma figuriamoci, non l'avrebbe mai ammesso. In fondo quella tredicenne è ancora qui. Non si è mossa.
Non sopporta Ramazzotti. Ha alcune antiestetiche méches bionde, residuo di un modernissimo shatush fai-da-te venuto fuori male. Ha una cotta per uno che non la guarda neanche. Colleziona 30 sul libretto come caramelle. Però non ha più tanti amici. Ha scoperto quanto sia bello stare da soli, anche se fa un po' male. Anche in una notte dell'estate 2013.
Mettevo in ordine i cd e ad un certo punto ne esce fuori uno senza nome. Immacolato.
Riproduco la playlist e parte subito un arpeggino malizioso e una voce familiare che canta "Baciami, baciami ancora, e concentrati ti prego non vorrei che fosse l'ultima volta".
Riflettiamo un attimo. Sono passati davvero DIECI anni dall'uscita di quella canzone nonché dalla prima estate più-o-meno ufficialmente adolescenziale della mia intera esistenza? GIA' dieci anni? Sembra passato un giorno da quando mi intrattenevo sulle sdraio del mio lido alle ore undici di sera -tardissimo!- con i miei amici di allora. Parlando.. Di cosa? Di cosa si parlava a tredici anni? Non me lo ricordo più. Forse si parlava di canzoni. Ecco, ora inizio a ricordare. Io ero l'unica che non sopportava Ramazzotti. Forse si parlava di capelli. Io avevo due antiestetiche méches giallo limone tra i capelli scurissimi, una tragedia. Forse si parlava di ragazzi. Io avevo una cotta tremenda per uno che manco mi guardava. Forse si parlava di scuola. Io ero la secchiona del gruppo. Faticavo a stare appresso ai gusti degli altri, però ci stavo lo stesso, perché avevo tanti amici e non potevo tirarmi indietro, non potevo rovinare tutto. Andavo dovunque andassero e mi incantavo ascoltando "In una notte d'estate" al lettore portatile (vi ricordate? Dovevamo trascinarci tutto il lettore ed i cd! Ah!). Ma ero troppo piccola per capirla fino in fondo. Che voleva dire "accendere il fuego"? E che cos'era il "seme" di cui si parlava? Domande troppo grandi per una che nel 2003 aveva tredici anni, sfoggiava incerta la sua prima minigonna di jeans con le perline rosse e aveva giocato per l'ultima volta con le Barbie giusto qualche tempo prima, ma figuriamoci, non l'avrebbe mai ammesso. In fondo quella tredicenne è ancora qui. Non si è mossa.
Non sopporta Ramazzotti. Ha alcune antiestetiche méches bionde, residuo di un modernissimo shatush fai-da-te venuto fuori male. Ha una cotta per uno che non la guarda neanche. Colleziona 30 sul libretto come caramelle. Però non ha più tanti amici. Ha scoperto quanto sia bello stare da soli, anche se fa un po' male. Anche in una notte dell'estate 2013.
venerdì 1 giugno 2012
La primavera trascorreva lenta ed esanime, felice e triste e improvvisa ma prevista, con picnic nei grandi parchi della città e tanti amici, tanti sguardi inutili e tante risate e tanti tiramisù un po' sciolti da mangiare col cucchiaio facendosi cadere il cacao sui vestiti e poi imprecare. Un pomeriggio di domenica a parlare fitto fitto di politica con un giovane ingegnere fuoricorso, sdraiati sul pratone enorme vicino casa mia, sorseggiando birra del discount e mangiando patatine alla salsa barbecue. Un amico spagnolo bellissimo che viene a salutarmi prima di partire. Qualche scambio di battute su Tenco con un amico che mi dice che sembravo mezza scema e invece no. Un'amica che parte con cui mi sforzo di essere carina ma non mi va. Una festa da organizzare. Prendere un caffé con la prof di economia per discutere del parziale, il suo cagnolino che mi fa le feste e il mio cellulare che squilla tutto solo. Un panino troppo poco condito in un posto troppo turistico, l'abbronzatura a chiazze che odio. I cioccolatini portati dal Belgio finiti in un pomeriggio, e disperate ore di palestra per smaltirli. Domani è Carnevale e non lo sapevo. Un gatto nero che mi attraversa la strada mentre torno a casa. Fare il giro dell'isolato e ritrovarselo di nuovo lì, con tanto di topolino tra gli artigli. Quando dici evvabbé, non era giornata. Facile, così.
mercoledì 8 giugno 2011
Post augurio per la festa della donna
La principessa triste beveva del vino del discount chiusa nella sua stanza.
E beh, cosa credete?
Che le principesse non fumino, non bevano e abbiano le guanciotte rosse solo per il fard?
Nulla di più sbagliato.
E inoltre, INOLTRE, in preda alla tristezza, incoraggiava il suo fegato a digerire la pasta al ragù di poche ore prima. Bicarbonato? Digestivi? Sigarette? Giammai. Nulla poté contro il suo bruciore di stomaco. E aveva l'ultima Winston Blu sul comodino ma se la risparmiava, sì, risparmiava, per qualche ora dopo. Nel frattempo ascoltava i vecchi Timoria e si immaginava un principe azzurro capellone e riccioluto come Francesco Renga primo periodo.
Perché il suo, di principe, mica si faceva più sentire.
Mica le principesse di oggi sono come quelle di un tempo. Hanno i capelli troppo corti per appendere le trecce alla finestra, e, cosa di molto peggiore, anche avessero i capelli lunghi chilometri e potessero intrecciarli come nidi di rondine, non ci sarebbe comunque nessuno lì sotto alla finestra metropolitana tra i palazzoni, ad aspettare. I principi al giorno d'oggi chiedono di far l'amore con le principesse, ma poi le lasciano andare, con compunta rassegnazione delle suddette. I principi, al giorno d'oggi, escono alle cinque della mattina e poi giocano a freccette nei pub. I principi, al giorno d'oggi, spariscono nei boschi metropolitani per settimane, ma non hanno draghi né mostri da ammazzare. Hanno moto per zigzagare nel traffico e poca pazienza per aspettare cento anni, per aspettare che la loro Bella Addormentata si risvegli.
Buon otto marzo, principesse tutte.
martedì 1 febbraio 2011
Nessun luogo è lontano?
Gli avevo dato tutto, a lui. Gli avevo preparato una torta quando era giù, e gliela avevo portata all'università; l'avevo ospitato a casa mia, e avevo preparato il suo letto con una cura maniacale, e lenzuola fresche di lavatrice, e il cuscino a cartoni che adorava; avevo comprato un ventone di sigarette pensando a quante me ne aveva offerte, e gli avevo regalato il mio accendino blu, gli avevo prestato il mio libro preferito, con le annotazioni a matita e i miei sorrisi sotto alle frasi più belle. "Nessun luogo è lontano. Se desiderate essere affianco a qualcuno che amate, forse non ci siete già?". Ma manco per il cazzo. Che gliene frega alla gente se io voglio stare affianco a lei, ma proprio niente.Il libro di linguistica rimane aperto. La bruciatura da pentola di stasera fa male, e darei un dente inutile per una sigaretta.Che mi coccolerebbe per qualche secondo senza fare troppe domande. Piangerei una notte intera ma persino piangere è troppo rumoroso e richiede troppi sforzi.Che inetta.
venerdì 17 dicembre 2010
Altra mattinata persa per la sveglia che non suona. Anzi, rettifico già: per la mia testa che si rifiuta di fare quello che fanno miliardi di teste di miliardi di persone ogni giorno, ovvero riconoscere il suono metallico di una fottutissima sveglia. Ieri sera festa universitaria inutile come... come... forse come gli zoccoli di gomma puzzolente o come uno stendino senza fili.
Ho i mezzi per spaziare e ci provo, ma non funzionano mai. Il gin lemon non è una soluzione.
I regali di Natale mi mettono l'ansia. Ho capito di essere cresciuta quando ho realizzato che non avevo più idee per i regali. Quando mi sono dovuta sforzare, capirete.
Attendo un'altra serata persa, per il freddo, per la pioggia, per la macchina che non parte, per la brutta compagnia, per sonno (perché giustamente svegliandosi a mezzogiorno si ha più sonno), per fame, per incompatibilità con umani di vario genere.
We do not believe in ourselves until someone reveals that deep inside us something is valuable, worth listening to, worthy of our trust, sacred to our touch. Once we believe in ourselves we can risk curiosity, wonder, spontaneous delight or any experience that reveals the human spirit."--E. E. Cummings
Buon natale
mercoledì 8 dicembre 2010
Ossessione
Non riesco a liberarmi
del tuo fantasma.
Per quanto distolga lo sguardo
continuo a vederti.
Non posso spezzare
il legame che ci ha unito.
Per quanto non ascolti
continuo a sentire la tua voce.
La tua ombra discreta
mi accompagna dappertutto.
Il tuo morbo mi ha infettato
e per quanto abbia cura di me
non riesco a guarire.
Non riesco a liberarmi
del tuo fantasma.
Per quanto distolga lo sguardo
continuo a vederti.
Non posso spezzare
il legame che ci ha unito.
Per quanto non ascolti
continuo a sentire la tua voce.
La tua ombra discreta
mi accompagna dappertutto.
Il tuo morbo mi ha infettato
e per quanto abbia cura di me
non riesco a guarire.
Jim Morrison
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