Entro in Conservatorio come fosse stato un normale pomeriggio di lezione: anzi, per un momento ho voluto immaginare di essere ancora a maggio e di stare seguendo le ultime lezioni, ho voluto inspirare a pieni polmoni l'aria salmastra che faceva quasi venire voglia di buttare i libri e andarsi a fare un bagno al mare. Ma a me non piace neanche, il mare d'estate, con tutta quella gente. E poi non è maggio, è settembre. Salgo le scale del Conservatorio, sto per fare l'esame per il quinto, eppure non sono emozionata, tanto so che non vale la pena. Mi chiudo in una stanza, inizio a fare scale, arpeggi. Il mare mi guarda dalla finestra, è leggermente cullato dal vento, e anche lui si gode l'ultimo sole estivo, mi guarda e il suo movimento, ora che è vuoto, ora che non c'è più gente, mi rilassa. Mi vengono a chiamare, è ora dell'esame; mi chiedono il programma, i pezzi... Perchè non guardano anche loro il mare, mi domando. Sono tutti presi a chiacchierare, neanche mi stanno a sentire; io suono, suono, suono, sopra le loro chiacchiere, le loro risa, i loro fatti... Però il mare mi sta a sentire, non sto suonando per me stessa soltanto, ma per tutto cio' che c'è al di là di quella finestra: per il mare, per il vento, per il sole, per la bellezza di quel pomeriggio tiepidamente estivo... Così chiudo il mio non-esame, con un sorriso. Ho suonato, ho suonato bene, per me stessa e per tutte le cose belle che già ci sono, ci sono sempre, eppure è in questi momenti che te ne accorgi. Quelli che parlavano parlavano parlavano mi hanno dato 8.50. Ma in realtà, loro non sanno un bel niente.
giovedì 18 settembre 2008
Cronache di un non-esame
Entro in Conservatorio come fosse stato un normale pomeriggio di lezione: anzi, per un momento ho voluto immaginare di essere ancora a maggio e di stare seguendo le ultime lezioni, ho voluto inspirare a pieni polmoni l'aria salmastra che faceva quasi venire voglia di buttare i libri e andarsi a fare un bagno al mare. Ma a me non piace neanche, il mare d'estate, con tutta quella gente. E poi non è maggio, è settembre. Salgo le scale del Conservatorio, sto per fare l'esame per il quinto, eppure non sono emozionata, tanto so che non vale la pena. Mi chiudo in una stanza, inizio a fare scale, arpeggi. Il mare mi guarda dalla finestra, è leggermente cullato dal vento, e anche lui si gode l'ultimo sole estivo, mi guarda e il suo movimento, ora che è vuoto, ora che non c'è più gente, mi rilassa. Mi vengono a chiamare, è ora dell'esame; mi chiedono il programma, i pezzi... Perchè non guardano anche loro il mare, mi domando. Sono tutti presi a chiacchierare, neanche mi stanno a sentire; io suono, suono, suono, sopra le loro chiacchiere, le loro risa, i loro fatti... Però il mare mi sta a sentire, non sto suonando per me stessa soltanto, ma per tutto cio' che c'è al di là di quella finestra: per il mare, per il vento, per il sole, per la bellezza di quel pomeriggio tiepidamente estivo... Così chiudo il mio non-esame, con un sorriso. Ho suonato, ho suonato bene, per me stessa e per tutte le cose belle che già ci sono, ci sono sempre, eppure è in questi momenti che te ne accorgi. Quelli che parlavano parlavano parlavano mi hanno dato 8.50. Ma in realtà, loro non sanno un bel niente.
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2 commenti:
grazie per essere stata a bordo della mia navemi permetto di sbirciare il tuo blog.. ti linko così non ti perderò di vista!! torna a trovarmi.
Ho apprezzato il suono delicato e sincero delle tue parole..l'arpeggio dei ricordi e il destro dell'armonia...brava....tutto il resto..poi non ha tanta importanza.
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