venerdì 17 dicembre 2010


Altra mattinata persa per la sveglia che non suona. Anzi, rettifico già: per la mia testa che si rifiuta di fare quello che fanno miliardi di teste di miliardi di persone ogni giorno, ovvero riconoscere il suono metallico di una fottutissima sveglia. Ieri sera festa universitaria inutile come... come... forse come gli zoccoli di gomma puzzolente o come uno stendino senza fili.
Ho i mezzi per spaziare e ci provo, ma non funzionano mai. Il gin lemon non è una soluzione.
I regali di Natale mi mettono l'ansia. Ho capito di essere cresciuta quando ho realizzato che non avevo più idee per i regali. Quando mi sono dovuta sforzare, capirete.
Attendo un'altra serata persa, per il freddo, per la pioggia, per la macchina che non parte, per la brutta compagnia, per sonno (perché giustamente svegliandosi a mezzogiorno si ha più sonno), per fame, per incompatibilità con umani di vario genere.

We do not believe in ourselves until someone reveals that deep inside us something is valuable, worth listening to, worthy of our trust, sacred to our touch. Once we believe in ourselves we can risk curiosity, wonder, spontaneous delight or any experience that reveals the human spirit."--E. E. Cummings

Buon natale

mercoledì 8 dicembre 2010

Ossessione

Non riesco a liberarmi
del tuo fantasma.

Per quanto distolga lo sguardo
continuo a vederti.

Non posso spezzare
il legame che ci ha unito.

Per quanto non ascolti
continuo a sentire la tua voce.

La tua ombra discreta
mi accompagna dappertutto.

Il tuo morbo mi ha infettato
e per quanto abbia cura di me
non riesco a guarire.

Jim Morrison

mercoledì 3 novembre 2010

Bored


Gente che passeggia guardandosi intorno.
Gente che aspetta la risposta.
Gente che TEMPOREGGIA, attendendo la risposta.
Gente che soffre per un castello di carte,
e gente che sorride di un cielo vuoto.
Gente che mostra le gambe per sentirsi rassicurata,
gente che si anima per farsi capire.
Gente che chiama col telefonino scarico,
e gente che metabolizza tutto per non sentire i grumi del dolore ad un setaccio troppo stretto.
Gente che non ha il coraggio,
gente che sei un falso e sei un ipocrita.
Gente che - così si direbbe- spera,
ma a cui il verbo .sperare. sembra tanto cacofonico da non essere mai pronunciato.

lunedì 25 ottobre 2010

E' meglio male.

Nessuno l'avrebbe detto meglio di lui.
Mariottide.
Tristezza a palate, cazzo, sì.

domenica 26 settembre 2010

Lode agli ex.

A te e alla tua ex bellezza, ai tuoi ex capelli ricci ed ex capelli biondi come il grano.
Lode a te per come eri, bello così come sei stato creato.
Lode ai tuoi ex vestiti semplici, al tuo ex sguardo torvo e ai tuoi discorsi filosofici che ti ferivano nel profondo.
Lode a una panchina, dove ci incontrammo; ora prelevata per ingrandire la strada.
Lode ai bei momenti con te passati, fortunatamente finiti, ché il tempo con te mi avrebbe cambiata troppo, come troppo ti hanno cambiato le cose.


Lode anche a te, perché tu bello non sei mai stato.
Lode a te perché come ti ho lasciato sei ancora, non cambiato né mutato o maturato minimamente.
Monotono come il moto di un pendulo.
Lode ai tuoi capelli lunghi e poco curati, che così rimarranno fin quando non cadranno fino all'ultimo.
Lode a una macchina, dove giacevamo; ora tristemente schiantata contro un muro.
Lode ai bei momenti con te passati, fortunatamente finiti, ché avrebbero finito con l'asfissiarmi.

domenica 19 settembre 2010

Non si può ammorbidire un cuore vuoto.


Ho il cuore un po' vuoto.
Mi sento tipo come un succo di quelli in bricco che si bevono con la cannuccia.
Mi sento tipo nel momento in cui non rimangono che poche gocce, e l'aria succhiata nella cannuccia produce il tipico rumore..
Non c'è nulla di più triste di un cuore vuoto. Per quanto possa essere brutta la sofferenza, in essa c'è un po' di vita. C'è un motivo, ecco. Un cavolo di motivo triste, ma c'è.
Ecco perché la mattina ti alzi con spirito combattivo, perché vuoi la rivincita su una persona;
ecco perché ti arrabbi, perché sei arrabbiata con qualcuno;
ecco perché piangi, perché ti sfoghi per aver perso qualcosa.
Quando è tutto finito, tutto, e pensi all'amore per eventuale ragazzo come pensi alla spesa che devi fare e alla casa che devi pulire e all'esame che devi dare, piano piano il cuore comincia a stringersi.
Tipo un paio di jeans in lavatrice, sì.
Che poi a rimetterteli fai una fatica cane e maledici tua madre, la lavatrice e il suo dannato ammorbidente che non ammorbidisce un cavolo.
Non si può ammorbidire un cuore vuoto.

lunedì 6 settembre 2010

Una sera, nella Città Eterna.


Ieri sera ho organizzato una cena nella mia casa romana.
Devo dire che mi sono accorta che in quest'ultimo anno sono proprio sbocciata come un fiore, e c'è un sacco di vita che mi fa calore tutt'intorno, continuo a crescere con una velocità inaudita. Ho riabbracciato, dopo due settimane che non li vedevo, tutti gli amici con cui ho fatto un lungo viaggio quest'estate, in Africa. E' stato bello riabbracciarli uno per uno, sul pianerottolo di quella che da un anno è casa mia, è stato bello rispondere al telefono parlando, uno per volta, con quelli che non sapevano la strada. E' stato bello sentirne l'odore, il calore, vederne il sorriso. Siamo sei, e siamo una famiglia ormai. Alla cena avevo invitato anche altre persone, ma il contatto che c'è tra noi sei è illuminante e speciale, fatto di sguardi, sorrisi e ogni tanto "ma sapete che non mi sembra vero avervi tutti qui?". Già. E' cambiato un po' il menu. In Africa abbiamo provato il riso in tutte le sue forme (verdure, in bianco, con verdure, in bianco con l'olio, e ancora con verdure...) e ieri sera sembrava quasi strano vederci a un tavolo diverso, in una casa diversa e con una pastasciutta sotto il naso. E avevamo bottiglie di vino, pane morbido e anche una piccola torta. E' stato bello ritrovare questa mia famiglia anche qui a Roma; noi, tutti italiani, che ci siamo davvero conosciuti in un appartamento sperduto nella grande metropoli egiziana, il Cairo.
E lì abbiamo litigato, riso fino alle lacrime, studiato, ci siamo arrabbiati, abbiamo pianto per il nervoso e perché quel posto era dannatamente troppo difficile da vivere e da imparare. Come la sua lingua.
Dopo cena abbiamo deciso di uscire, siamo andati a Trastevere, abbiamo girato per le viette come facevamo per le viette del Cairo, ma è cambiata la gente, è cambiata l'atmosfera, è cambiato anche il caos. Noi no. Noi siamo sempre qui, e siamo sempre gli stessi. C'è sempre la ragazza che si emoziona, che sorride piano, e racconta del suo ragazzo che ha ritrovato a Roma ma che gli manca il Cairo. Gli manca il caos e uscire alle due di notte a fare la spesa e bere delle birre messe in buste nere perché non sta bene che si beva. Mi chiedo che cosa penserebbe un egiziano a piazza Trilussa.
C'è la ragazza che fa le battutine, lei che invece l'Egitto l'aveva odiato con tutta la sua forza; e c'è un'altra ragazza, semplice e solare, che invece ha sempre cercato di capire. E da un mese in Egitto è tornata più confusa di prima. Anche i ragazzi erano confusi. Cercare di capire una cultura così diversa è difficile, abbiamo litigato e discusso e pensato tutti insieme un sacco di tempo, al Cairo. Soprattutto quando succedeva qualcosa di brutto, parlavamo proprio tanto e ci chiedevamo perché è così, perché.
A Trastevere l'aria era di noia, inizialmente. Orde di ragazzi che stavano sdraiati sugli scalini, e bevevano fumavano senza un motivo che probabilmente non fosse quello di passare il tempo. Immaginateli lì, nelle stesse posizioni, semplicemente senza null'altro che loro. Noia pura. E noi eravamo così, su una gradinata, spaesati nella nostra stessa città. E poi ci viene un'idea.
Un gioco che facevamo al Cairo quando volevamo ridere un po', nella veranda dell'appartamento.
Il gioco del mimo.
Cominciamo noi, poi sentiamo che un ragazzo ha indovinato il titolo di un film mimato. Un ragazzo di un'altra comitiva. Così si aggiunge un altro gruppo di ragazzi, e poi un altro e un altro ancora. Dopo una mezz'oretta l'intera scalinata di quella piazza era succube, rideva e tratteneva il fiato in attesa di indovinare la successiva parola, film oggetto libro o altro.
Alle quattro di mattina abbiamo deciso di andarcene. Ho sentito un ragazzo dire: "Chi l'avrebbe detto, è la prima sera in tutta la mia vita che non mi annoio a Trastevere" e ha sorriso. Quando a volte basta proprio poco.

giovedì 2 settembre 2010

L'amore a una o due piazze.


Il letto a una piazza e mezza. Che fregatura infinita.
Non è grande per due persone, in due ci si sta stretti, non ci si muove.
Sembra comodo per una persona perché dà sicurezza, calore, spazio.
In realtà se compri i lenzuoli sbagliati il materasso o non ci entra, o è troppo grande.
Ed è difficile trovare i lenzuoli giusti.
Devi stare attento e chiedere, quando compri i lenzuoli:
-Sicuro che è per una piazza e mezza?-
Sì, sì, sicuro. Bé mica tanto.
E' così che mi sento. Una donna su un letto a una piazza e mezza.
Con un letto troppo grande per una sola persona, ma troppo piccolo per due.

sabato 28 agosto 2010

Forse.


Forse so cosa devo fare.
Lascerò il conservatorio. E sei anni di fatica alle spalle, lacrime copiose, sudore su quei libri ormai consumati, sorrisi a quei pianoforti a coda enormi. Forse è vero che tutto ciò che succede ha una direzione precisa, e io sono tre anni che ignoro dove gli eventi vogliano portarmi. Tre anni che il mio polso mi fa passare le pene dell'inferno per la tendinite. E' da un anno che sono sempre sugli stessi libri, controvoglia, con dei progressi minimi, facendo tre passi avanti e due indietro ogni volta. Un anno che mi rovino le domeniche, quando di mattina presto mi alzo, infilo le cuffie del digitale e mi metto a suonare quella tristissima Sarabanda, dio solo sa quanto la odio. Dio solo sa quante lacrime ho versato, quanto sangue amaro mi sono fatta, quanto avrei voluto fare la concertista da "grande". Quanto avevo sempre contato su questa seconda strada che mi ero spianata con fatica, quella della musica. Ormai è una strada a senso unico, con un'uscita bloccata e un dirupo come unica via d'uscita.
Buttiamoci.

lunedì 10 maggio 2010

Tristezza cosmica


Lo stendino coi panni è stato costretto ad essere rientrato dal balcone. Piove ancora.
E' maggio, sì, eppure è come se non lo fosse, la natura sembra molto solidale con me quest'anno.
Anche lo stendino dei panni mi sembra tanto triste, davanti alla finestra ma al calduccio degli interni, mentre guarda la pioggia anche lui. Anche i panni che penzolano sembrano tristi. Sono tutti vestiti scuri, a parte un pigiama rosso e panna. E poi penzolano proprio in modo triste. Non so come ma sembra proprio così. E il sugo che borbotta nella pentola, anche lui sembra triste, sembra lamentarsi. Mi sembro proprio una bambina, a volte. Resto a guardare le mie vecchie foto per un'eternità, e lo so che non era affatto tutto bellissimo e che ora ho un'intera metropoli fuori dalla finestra, eppure un po' mi viene da sorridere. Lo smog fa diventare grandi tutto d'un colpo.
Poi sbircio un po' le Sue foto. Anche qui è come se mi sentissi un po' in colpa, come se stessi rubando le crostatine del mulinobianco dalla dispensa. Una foto l'ho addirittura salvata sul pc. E' proprio bella, c'è lui con un cappello a dir la verità un po' ridicolo ma poi quegli occhi fantastici che si vedrebbe anche a due chilometri che sono blu blu blu come il mare. Quantomeno terrò lì quella foto col pretesto che è una cosa bella. Una cosa bella come una passeggiata soleggiata per Villa Borghese di mattina presto, una cosa bella come una pasta col pomodoro fresco e una cosa bella come quella sensazione di piacevole vuoto che avverti dopo aver fatto un -mio dio- esame. Chi può privarti delle cose belle, dopotutto.

giovedì 6 maggio 2010

I principi costituzionali sulla giurisdizione...

... Ma vaffanculo.
Non me ne importa nulla del diritto, invece dovrò passarci i prossimi quindici giorni téte a téte.
H
o ripreso a scrivere sempre perché mi manca qualcosa. Diari vuoti per tutta l'estate, non una citazione, non un racconto... E' proprio strano che quando hai l'amore tra le mani non sai che capperi raccontare. Cioè sì, ok, siamo felici, mh, andiamo in giro e la gente ci ferma e commenta ma che splendida notizia e te la meriti proprio una persona così, per poi aggiungere alla persona dei due che si conosce di meno sei proprio fortunato sai? E sorrisi, convenevoli, pacche sulle spalle e brezza marina intorno, proprio così. Sono uscita da questo mondo, ora. Sono stata buttata fuori dal cerchio e ora vedo le cose con più lucidità, tanto che ho ripreso a scrivere, immortalare, appuntarmi, segnare tutto ciò che più o meno mi suscita emozioni: un quartiere di Roma all'alba e un vecchietto che mi dice bongiorno signorì mentre accompagna a spasso il cane, una foto a una saracinesca semi abbassata intitolata gli impedimenti inutili e una serata a spasso in città con musica punk rock e la guida spericolata della mia compagna di università. E' tutto inedito, e per questo assolutamente splendido. Non mi manca niente, in realtà.
Esco, vado a fare la spesa e compro tutte cose sane per poi ricacciare il barattolo da un kilo di Nutella che ho a casa e che non finirà MAI. Basta una rosetta; e insalate, zucchine e funghi surgelati vanno a farsi benedire. Già.
Vado a dormire alle cinque e mezzo del mattino quando albeggia, e io ho troppa caffeina in corpo per prendere sonno così mi addormento alle otto e mi risveglio alle due. Poi studio diritto, controvoglia.
Vorrei suonare ma mi fa male il polso per la tendinite. Vorrei. Sono fuori allenamento, devo devo suonare.
E poi essere contattati per un concerto per bands e scoprire che la tua non ha alcuna intenzione di farsi il culo due settimane per andarci. Ma sì, c'è tempo per un laiv con i controcazzi, perbacco, certo che sì. Quante band ho visto finire per la storia del concerto sfanculato.
Guardare le partite e la Juve che fa schifo, ma ai mondiali dove vogliamo andare che praticamente la nazionale sarà mezza Juventus? Da nessuna parte, forse. Non si ha mica sempre una meta.
Andare a lezione di pianoforte e scoprire che le tue due settimane di studio sulle Suites Inglesi sono interpretate come una quasi-lettura a prima vista. Bene. Certo, non c'è niente che non va.

giovedì 25 febbraio 2010

Presto sarebbe volato via pure quello stupido febbraio...


Eh sì, manco proprio da cinque mesi da questo blog.
Oltre che dal blog manco da tante cose.
Questa volta, complice l'università, ho fatto quello che tutti vorrebbero fare una volta lasciati... Mollare famiglia amici e ridente cittadella sull'Adriatico e scappare nel caotico mondo di una grande città. Magari all'estero. Ok, non esageriamo, alla fine sono finita a vivere nella Città Eterna.
Odiavo la Città Eterna, inizialmente.
Odiavo il Suo riflesso sui vetri della metropolitana a tutta velocità Odiavo andare a fare la spesa e introdurre nei miei polmoni un quantitativo intollerabile di fumi e smog Odiavo i sabati sera passati a sorseggiare camomilla e a fare il bucato buttando ogni tanto uno sguardo al fiume di macchine in strada fuori dalla mia finestra Odiavo entrare ogni mattina all'università e rigirarmi in quell'atrio sconfinato, da sola, andare a prendere un caffé alla macchinetta, uno di quelli più acqua che caffé, sempre da sola e ascoltando gli altri che non so perchè ridevano e si scambiavano pacche sulle spalle come se si conoscessero da secoli
E pensavo che era tutto ingiusto, che insomma, io sono la buona e lui è il cattivo, io dovevo avere la mia rivincita. Invece era lui ad essersi rifatto una vita senza di me: nuova vita, nuova ragazza, nuove passeggiate mano nella mano nella villa comunale.
E poi partì tutto da una mattinata strana in cui mi alzai e mi guardai allo specchio e notai che ormai di questi capelli lunghissimi da barbona ne avevo le scatole piene, e nella stessa mattinata mi tagliai i capelli con quel ciuffo anni '80 che erano anni che lo volevo e non avevo mai avuto il coraggio di farmelo. E nei giorni dopo ripresi la chitarra che era rimasta in un angolo e ricominciai a suonare. E in tutti quei momenti che avrei preferito sbattere la testa contro il muro piuttosto che ripensare un'altra volta a lui, mi sono inventata altro. Gli ho scritto una canzone. Credo anche bella. Non se la merita affatto, detto tra noi, però ho voluto immortalare tutto questo dolore che mi rende comunque viva, anche se indolenzita, e spero di suonarla presto su un palco con tutta l'adrenalina addosso, dev'essere una cosa davvero intensa suonare una canzone così densa, piena di roba come ricordi sensazioni atti momenti intimità.
Sarebbe bello che ci fosse proprio lui nel pubblico e dirgli al microfono questa canzone, grandissimo stronzo, è per te.